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Vivere il Crohn o la Colite Ulcerosa Raccontiamo le nostre storie e i nostri problemi quotidiani. Condividiamo le nostre ansie e le nostre paure, ma anche i nostri successi ed espedienti per vivere meglio la nostra condizione.

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Vecchio 06-01-13, 23:24   #1
BabyJenks
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Predefinito Genitori che non accettano la malattia

Nel mio caso, genitori, ma ovviamente ci si può riferire a qualunque persona molto cara e vicina. Mio padre, nonostante i due interventi, l'ileostomia, i farmaci, i vari istologici che confermano inequivocabilmente che è Crohn, non si arrende. Puntualmente mi presenta fogli o link di gente con infezioni, batteri, vermi, e non so che razza di cosa. L'altro giorno gli ho detto chiaramente che queste continue speranze per una cosa ormai certa sono inutili e che mi fanno soffrire, che deve accettarlo come ho fatto io e basta. Lui si è sentito parecchio ferito dalla cosa. Come devo comportarmi? Anche voi avete cari che fanno così? Ho sbagliato, a dirglielo? Non ce la facevo più.
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Chiara
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Vecchio 06-01-13, 23:50   #2
coracricri
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Il mio compagno mi vuole sana, ha cercato di ignorare questo aspetto di me finche' ha potuto, io la vivevo come una sofferenza nascosta. Comunque ancora ci crea non pochi problemi.
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Vecchio 07-01-13, 15:49   #3
BabyJenks
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Il fatto è che mio padre, nonostante abbia avuto numerose occasioni di rendersi conto che sana non sono (tipo un intervento d'urgenza all'una di notte!!!), continua a fare finta di niente e a insistere sulle sue teorie. Vedo però che non sono strana se la cosa mi fa soffrire...
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Chiara
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Vecchio 07-01-13, 16:03   #4
Gerax
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I miei genitori hanno lentamente accettato la cosa, una volta che le analisi e i controlli lo hanno inequivocabilmente dimostrato. All'inizio erano un po' titubanti, la cosa che mi da un po' di fatica è (quando sono da loro) vederli un po' stupiti per le molteplici corse al bagno, come se la cosa fosse ogni volta una sorpresa.
Nel caso della mia ex fidanzata invece la malattia ha giocato un ruolo fondamentale nella fine della nostra relazione: lei l'ha immediatamente identificata come un problema per lei stessa, come un limite alla possibilità di avere una vita normale con me, e come un limite alla "sua" libertà (dato che nella mia fase acuta la mia possibilità di avere una vita sociale regolare era decisamente ridotta al minimo).
Ne era come spaventata e nonostante non lo volesse ammettere e cercasse di far passare la cosa come "affrontabile" non ha mai partecipato a nessuna delle mie visite, o esami, e nemmeno agli interventi, tant'è vero che alla prima occasione seria di "reale necessità" dopo l'ultimo intervento ad aprile ha pensato bene di tagliare la corda e (a suo dire) "autoescludersi dalla mia vita". Inutile dire che non ci è mai più rientrata...
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Vecchio 07-01-13, 18:09   #5
coracricri
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Già è facile amare una persona che risponde sempre ai tuoi bisogni. Io a volte penso che i genitori ti amano comunque tu sia, ma le relazioni sentimentali sono precarie e difficilmente trovi la persona che ti sarà vicina in qualsiasi circostanza della vita.
Insomma, nella buona e cattiva sorte. Per me sarebbe stata una bugia dirselo. Nella cattiva sorte io mi sento sempre molto sola.
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Vecchio 10-01-13, 12:37   #6
chiccabum
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Mio marito sembra non rendersene conto, o forse lo fa per spingermi a non sedermi, non so.
A volte ho la sensazione che non si renda conto quanto più faticose sono le cose per me rispetto agli altri, quanto fare una salita col bob e mio figlio sia già una impresa alpinistica.
Ieri sera gli ho detto (dopo una cena ottima ma indigeribile): "vorrei che non usassimo più il dado da brodo" e la risposta piccata è stato " e cosa dovrei usare allora" come se si fosse trattato di un capriccio.

Non so, spero passi. Per il resto è presente e mi sostiene molto ma pare mettere un label nero "alla voce Crohn".
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Vecchio 10-01-13, 22:19   #7
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Io credo che la mancata accettazione della nostra malattia da parte di chi ci sta vicino sia in realtà motivata dalla paura. A volte noi riusciamo a farci forza e ad andare avanti, vinciamo i nostri timori e impariamo a convivere con questa patologia, ma i nostri cari (non solo i genitori: anche i partner oppure gli amici) non riescono a fare il nostro stesso percorso interiore.
Il dolore spaventa, è inutile negarlo. C'è chi reagisce ricoprendo di attenzioni, persino ansie, la persona malata e chi invece non riesce ad affrontare la realtà.

Non so quanto possa servire scontarsi, rivendicare il proprio stato di malato "vero" e non immaginario. Anche se è molto difficile, secondo me l'unica maniera per aiutare un genitore o chi altro ad accettare la malattia è parlarne con calma, cercare di approfondire certi aspetti della patologia, sia quelli più negativi ma anche il fatto che si può imparare a conviverci, spiegare come ci si sente... Insomma, fargliela conoscere, renderlo partecipe e non chiudersi in un guscio dove l'altro sta fuori e si sente escluso.
Lo so, tutto questo non lenisce le ferite che ci provocano certe "uscite" poco felici come quelle che racconta Chiara, ma è un tentativo e secondo me vale la pena provarci.
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Lety
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