Ciao cora.
Io qualche anno fa avrei scritto le stesse cose, forse anche peggio. Finché una mattina in ospedale per l'ennesimo degli innumerevoli ricoveri, dopo l'ennesimo intervento, rimessomi in piedi a fatica mi sono guardato allo specchio, e fu come avessi visto un'altra persona. Questa malattia mi aveva logorato, cambiato, condizionato la vita. Guardandomi fu come prendere uno schiaffo che ti fa tornare alla realtà, e cominciai a vedere le cose da un'altra prospettiva. Mi impegnavo solamente per mantenere una facciata di normalità, non dar pensieri ai familiari, mandare avanti il lavoro ed i rapporti in genere sforzandomi di apparire normale. È li era il grave errore. Io con il mio disagio, sono normale. In tutto quel tempo non avevo mai pensato a me. Il nostro cervello è in grado di fare tutto, farci ammalare e farci guarire, ma noi non lo sappiamo, oppure non ci crediamo. Quindi ho deciso di combattere, perché non farlo significa perdere in partenza. Combattere significa convivere, accettare, non sopravvalutare, e spesso anche ignorare. Fatto sta, che certo, non sono guarito, ma la mia vita è cambiata. Alti e bassi certo, ma ho vinto. Non sono succube del disagio, e sono finalmente dopo una trentina di anni catastrofici, in remissione. Non c'è terapia che funzioni al meglio se la testa non collabora. Lo sconforto e la paura sono cibo per le malattie in generale.
Questa è la mia esperienza, e non un fatto insindacabile, fatto sta che cambiato io cambiati i risultati.
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